AAA cercasi coraggio per il verde di Palermo

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Nella nostra rubrica di approfondimenti tecnici, che in prima istanza ci hanno portato a focalizzare il come e il perché l’asfalto delle strade si deteriora e le modalità auspicate di manutenzione, continuiamo oggi con un contenuto che apre alla tematica ambientale.

Nello specifico parleremo di verde urbano.

Come nel precedente caso, abbiamo coinvolto un tecnico della materia insieme al quale abbiamo intrattenuto una conversazione che di seguito riassumiamo e schematizziamo per una più facile comprensione.

Il nostro input costituisce un tentativo di indagare lo stato del verde nel contesto metropolitano di Palermo, con particolari approfondimenti su casi limite che impattano negativamente su alcuni contesti: radici che sollevano l’asfalto, chiome invadenti, incendi e mancata riforestazione dei rilievi montuosi circostanti la città.

Cosa fare, come intervenire?

Ne abbiamo parlato con il Prof. La Mela Veca, docente di Selvicoltura al Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università di Palermo.

Foto © turismo.comune.palermo.it

Quanto vale il “nostro” verde?

Mobilita: Prof. La Mela Veca, ci faccia una panoramica sulla situazione del verde urbano a Palermo? Quali sono le criticità e i punti di forza della città in questo ambito?

**Prof. La Mela Veca:** Nonostante il diffuso degrado delle aree verdi urbane e periurbane ed il consumo di suolo in aumento, la città ha ancora molte aree verdi. Queste comprendono non solo i viali alberati, i giardini storici e i parchi, ma anche ciò che resta della Conca d’Oro.

Gli agrumeti superstiti hanno un enorme valore culturale, paesaggistico ed ecologico. Anche gli alberi da frutto assorbono carbonio, proteggono il suolo, mitigano gli effetti dell’isola di calore, allo stesso modo degli alberi delle specie ornamentali e di interesse forestale. È anche vero che per mantenere i giardini di agrumi occorrono elevate disponibilità di acqua che, con la siccità sempre più ricorrente, può diventare un ostacolo difficile da superare.

Il punto di debolezza maggiore, invece, è la mancanza di una pianificazione che, partendo dalla conoscenza della consistenza e dello stato di conservazione di tutte le aree verdi dell’area metropolitana, si ponga come obiettivi principali il contrasto del consumo di suolo e la prevenzione degli incendi, che stanno rapidamente divorando vaste superfici agricole abbandonate e le aree forestali realizzate nel secolo scorso sui monti di Palermo.

Ancora oggi assistiamo purtroppo a fenomeni di abusivismo edilizio, all’occupazione illegale di terreni, spesso accompagnata dal taglio indiscriminato o all’eliminazione della vegetazione con il fuoco.

Mobilita: Quando parla di pianificazione, a cosa si riferisce esattamente? Può fare un esempio specifico, magari riguardo agli incendi?

**Prof. La Mela Veca:** Nel caso di aree forestali percorse dal fuoco, la pianificazione ha come obiettivo la delimitazione di aree con caratteristiche ambientali e esigenze gestionali omogenee, per le quali prevedere interventi di prevenzione per la riduzione del rischio o di ricostituzione post rogo.

Ad esempio, nel caso di Monte Pellegrino, dopo l’incendio avvenuto nel 2016, in collaborazione con il Comune di Palermo è stato elaborato un piano di gestione forestale. Anche i nostri studenti hanno contribuito a questo progetto. Sulla scia dell’elaborazione del piano, il Comune ha ottenuto finanziamenti che hanno permesso di intervenire sull’80% delle aree colpite dal fuoco. Sono stati effettuati interventi di gestione/ricostituzione forestale e sono state piantate circa 150.000 piante. I lavori si sono conclusi a dicembre 2023 e possiamo dire che Monte Pellegrino ha superato quella fase critica di degrado e distruzione.

Certamente, ci sono ancora aree dove non è stato possibile intervenire a causa di fondi insufficienti, ma fin dall’inizio è stato possibile stabilire linee guida di intervento. Monte Pellegrino non aveva un piano di gestione nonostante ospitasse oltre 800 ettari di rimboschimenti realizzati nel secolo scorso con specie alloctone.

Il piano di gestione forestale ha permesso di stabilire gli obiettivi e le priorità della gestione: rimuovere il legno morto in piedi e a terra – rilasciandone una quota sostenibile per incrementare la presenza di specie legate alla sua presenza – ripristinare e mettere in sicurezza le strade e i sentieri, rinaturalizzare i rimboschimenti risparmiati dall’incendio favorendo la diffusione di specie autoctone tipiche della macchia-foresta Mediterranea. Questo piano può anche rilanciare una fruizione sostenibile della riserva attraverso attività ricreative e culturali, considerato la presenza del Santuario di Santa Rosalia e una diffusa rete di sentieri naturalistici.

La pianificazione forestale insomma dovrebbe essere alla base di ogni intervento di prevenzione e di ricostituzione/ riforestazione post incendio.

Foto © Salviamoilpaesaggio.it

I monti di Palermo: riforestazione e incendi

**Prof. La Mela Veca:**I monti di Palermo non hanno un piano di gestione forestale.

La maggior parte dei terreni forestali sono di proprietà regionale, la loro gestione fa capo al Dipartimento di Sviluppo Rurale e Territoriale della Regione Siciliana. Inoltre, ci sono anche aree forestali di proprietà comunale e privata.

Mobilita: Molti di questi monti sono senza copertura forestale. Uno dei temi ricorrenti nel dibattito pubblico è la riforestazione di queste aree. Da un punto di vista tecnico, è possibile riforestare aree come Capo Gallo o i monti che si affacciano su Isola delle Femmine e Torretta?

**Prof. La Mela Veca:** Buona parte di questi monti era già stata interessata da rimboschimenti nel secolo scorso. Gli incendi purtroppo hanno distrutto gran parte di queste superfici. La riforestazione è auspicabile e possibile, ma deve essere inserita in un contesto di pianificazione forestale territoriale.

Non è sempre necessario riforestare con alberi; in molte aree ad esempio sono già presenti molti habitat come praterie e macchie che ospitano specie faunistiche esclusive e ad alto valore conservazionistico. In questi casi è vietato intervenire con attività di riforestazione, in virtù di vincoli naturalistici come quelli presenti nelle riserve e nei siti  Natura 2000 (ZSC/ZPS) e/o paesaggistici.

La pianificazione, in tal senso, ha il compito di individuare le aree idonee e disponibili agli interventi di riforestazione, scegliere le specie ecologicamente più appropriate e quantificarne i costi di realizzazione.

Tuttavia, prima di procedere in questa attività occorrerebbe ridurre le principali cause degli incendi: la pressione antropica, il pascolo abusivo, l’esercizio di pratiche agricole condotte con negligenza e disattenzione, l’abbandono di rifiuti, ecc..

Riforestare territori senza affrontare e contrastare questi fenomeni rischia di vanificare tutti gli sforzi.

Mobilita: “In che modo?”

**Prof. La Mela Veca:** Determinare ad esempio il numero e la tipologia di capi che possono pascolare, implementando un sistema di rotazione per evitare il sovraccarico di capi nelle stesse aree per tempi lunghi. Il pascolo, in questo modo, potrebbe diventare un alleato per ridurre il combustibile e di conseguenza il rischio di incendi.

Specialmente nei rimboschimenti non gestiti la densità arborea è elevata. In questo caso si può intervenire con degli interventi di spalcatura e di diradamento per interrompere la continuità verticale e orizzontale del combustibile.

Anche l’attività agricola è importante. In certe zone della Conca d’Oro e della valle dell’Oreto, tra Altofonte e Monreale, molte aree agricole sono abbandonate. Occorrono politiche che incentivino i giovani a tornare a coltivarle.

Il coinvolgimento delle comunità locali è fondamentale. Se non coinvolgiamo le persone che vivono e operano nel territorio, non riusciremo a ottenere risultati duraturi. Non possiamo imporre soluzioni dall’alto; dobbiamo lavorare insieme alle comunità per gestire il territorio in modo sostenibile.

Mobilita: “Come mai, nonostante la disponibilità di ingenti finanziamenti nazionali e comunitari siamo ancora così indietro?”

**Prof. La Mela Veca:** Il PNRR in tal senso è stata un’occasione mancata. Invece di destinare tutti quei fondi alla riforestazione, si doveva investire una parte di essi per la redazione di piani e per la produzione vivaistica, propedeutica agli interventi di riforestazione. La carenza di materiale vivaistico, infatti, ha condizionato e rallentato notevolmente la realizzazione e rischia di compromettere il buon esito degli interventi.

Inoltre, c’è un problema di carenza di personale qualificato e con competenze specifiche, sia nei comuni sia negli enti regionali. Molti professionisti che vanno in pensione non vengono quasi mai rimpiazzati. Per esempio, il servizio comunale che gestisce le aree verdi a Palermo ha un organico molto sottodimensionato rispetto ad altre città simili – ad esempio Torino, Firenze – che hanno nel tempo realizzato un servizio molto efficiente.

Mobilita: Nel 2023, gli incendi hanno rappresentato un pericolo concreto per le periferie urbane e continuano a verificarsi sempre più frequentemente. Oltre a individuare i responsabili, c’è qualcos’altro che si può fare sin da subito?

**Prof. La Mela Veca**: Sebbene le cause di innesco degli incendi sono da addebitare quasi sempre alla mano dell’uomo – dolose o colpose -il rischio è acuito dall’abbandono del territorio, che porta alla formazione di discariche e all’occupazione illegale di terreni.

I rifiuti e la presenza di aree agricole abbandonate aumentano la quantità di combustibile disponibile per il fuoco.

**Prof. La Mela Veca**: Comprando solo droni, elicotteri e utilizzando più canadair non si contrasta efficacemente il problema. L’attività di prevenzione più efficace è la gestione del territorio attraverso l’esercizio dell’attività agricola, la gestione sostenibile dei boschi e del pascolo, etc.

Foto © Repubblica Palermo

Viale Regione Siciliana, radici e asfalto “killer”: Come intervenire?

Mobilita: È evidente che la gestione del verde urbano a Palermo presenta forti criticità, specialmente riguardo le specie arboree scelte per assi viari fondamentali come Viale Regione Siciliana. Potrebbe spiegarci quali sono i problemi principali legati alle alberature attuali e quali specie sarebbero più adatte per un contesto urbano?

**Prof. La Mela Veca: ** Le specie attualmente presenti in alcuni assi viari a Palermo, come i pini lungo viale Regione, sono in molti casi poco adatte al contesto e possono causare problemi alla circolazione stradale, come il sollevamento dei marciapiedi o del manto stradale, il distacco di rami, la caduta di frutti/ strobili di grandi dimensioni e/o possono costituire ovviamente pericoli per le persone.

Sarebbe necessario un piano di gestione del verde urbano, che preveda la sostituzione graduale delle specie non adatte e il monitoraggio costante delle alberature presenti. Le specie più consone ad un contesto urbano dovrebbero essere selezionate considerando non solo l’estetica, ma anche la resistenza alle condizioni ambientali estreme e la sostenibilità della gestione.

Ad esempio, nel caso di un viale alberato, alberi con radici poco invasive, poco esigenti in fabbisogno idrico, che non producono frutti di grandi dimensioni, sarebbero preferibili per ridurre i costi di gestione, evitare problemi come il sollevamento della pavimentazione dei marciapiedi e del manto stradale.

La soluzione possibile è trovare un equilibrio tra le esigenze immediate e quelle a lungo termine. Il problema principale resta la disponibilità di risorse finanziarie per attuare gli interventi, ma è fondamentale agire prima possibile per ridurre rischi e pericoli per i cittadini.

Mobilita: Data l’alta priorità del problema sull’asse della circonvallazione, cosa andrebbe fatto domani mattina?

**Prof. La Mela Veca: **Avviare uno studio specifico su via Regione Siciliana – e per altri viali critici della città – non è un’impresa difficile e dispendiosa: coinvolgere professionisti competenti per valutare la situazione e proporre soluzioni possibili è il primo passo da compiere.

La consapevolezza e il coraggio politico sono fondamentali per affrontare queste sfide. È vero che potrebbero esserci resistenze iniziali dai cittadini, ma è importante spiegare loro i motivi dietro le azioni intraprese e la visione a lungo termine necessaria a migliorare la sicurezza, il decoro, la funzionalità ecologica e la sostenibilità del verde urbano.

Il fatto che ci siano così pochi tecnici assegnati al servizio comunale di gestione del verde urbano a Palermo è certamente un problema che evidenzia la necessità di investire di più in questo settore.

Mobilita: “A parte sostituire le alberature senescenti, ci sono altre modalità di intervento per questa strada così strategica?”

Ci sono varie opzioni per limitare il sollevamento della pavimentazione stradale da parte delle radici degli alberi. Queste soluzioni, comunque, hanno tutte come principio-base quello di migliorare le caratteristiche del terreno, areandolo e, al contempo, aumentare il volume a disposizione delle radici.

Ricerche recenti hanno evidenziato una notevole efficacia dei tessuti geotessili nel prevenire la crescita superficiale delle radici. Tutte queste soluzioni richiedono però lavori complessi e costosi e quindi sono improponibili per un viale alberato così lungo, ma potrebbero essere considerate in casi eccezionali e per brevi tratti stradali, quando si vuole conservare ad esempio tratti di alberature storiche.

Occorre, quindi valutare i costi da affrontare e la convenienza economica rispetto alla sostituzione graduale degli alberi con specie più idonee che risolverebbe il problema alla base.

[Tessuti geotessili: Sono materiali tessili costituiti da strutture piane regolari formate dall’intreccio mediante tessitura di una serie di fili (di ordito e di trama, perpendicolari tra di loro) che consentono di ottenere un tessuto con ottime proprietà meccaniche e aperture regolari anche di piccole dimensioni. Fonte testo e immagine: Edilfloor.com]
Mobilita: Quali specie piantare dunque?

**Prof. La Mela Veca: ** La scelta delle specie da piantare in contesti urbani dipende principalmente dallo spazio disponibile per lo sviluppo delle radici e della chioma. In ambiente urbano, dove il suolo è spesso costituito da materiale detritico di riporto, è essenziale selezionare specie che abbiano un apparato radicale fittonante, capace di svilupparsi in profondità.

Le dimensioni delle piante a maturità devono essere considerate già nella fase di progettazione, per evitare problemi futuri.

Purtroppo, spesso chi si occupa dei progetti di forestazione urbana non ha le competenze necessarie per fare scelte consapevoli sulle specie da utilizzare; è importante coinvolgere figure professionali qualificate, come dottori agronomi e forestali.

Ad esempio, per sostituire i pini su viale Regione Siciliana si potrebbe utilizzare la varietà “pyramidalis” del cipresso comune poiché ha un apparato radicale fittonante, una chioma contenuta, è molto resistente alla siccità e al vento, non necessita di potature ed è molto longevo.

Ricostruzione grafica puramente indicativa, non ufficiale di enti preposti e organi di governo

Capitozzature e comunicazione con i cittadini

**Prof. La Mela Veca: ** Lo sviluppo incontrollato delle chiome degli alberi può limitare la visibilità degli automobilisti e aumentare il rischio di caduta di rami, soprattutto durante eventi climatici intensi. In alcuni casi, la potatura energica è necessaria, ma spesso viene effettuata anche quando non è necessaria.

Le potature drastiche come la capitozzature sono molto costose, provocano elevati stress alle piante esponendole a problemi fitosanitari e ad un indebolimento meccanico e strutturale. Una potatura mal eseguita può decisamente compromettere la stabilità degli alberi.

Foto © Repubblica Palermo

Per questo è importante comunicare alla cittadinanza la necessità di sostituire le alberature più problematiche, ma questo richiede maggiore consapevolezza e capacità comunicativa da parte delle autorità locali competenti.

La resistenza dei cittadini alla sostituzione degli alberi in città è alimentata da una mancanza di comprensione dei rischi connessi al mantenimento di vecchi alberi.

È fondamentale educare la cittadinanza sul valore del verde urbano. La gestione consapevole e responsabile del verde urbano comprende anche l’eventuale sostituzione – e non l’eliminazione – di alberi diventati pericolosi per l’incolumità dei cittadini.

Per quanto riguarda le alberature storiche di Palermo, molte di esse sono giunte ad un’età avanzata e richiedono interventi urgenti per prevenire la rottura di grosse branche della chioma e schianti.

Foto © Repubblica Palermo

Dove sono i soldi per il verde?

Mobilita: Passando alle risorse finanziarie, si potrebbero esplorare alternative di collaborazione con enti esterni, come università e altri soggetti interessati alla gestione del verde urbano. Questo potrebbe contribuire ad alleggerire il carico finanziario sui comuni e a garantire interventi più mirati e sostenibili nel tempo. Quali sono, secondo lei, le principali sfide e opportunità legate a questa forma di collaborazione?

**Prof. La Mela Veca**: La collaborazione con altre istituzioni e soggetti interessati al tema della gestione del vede urbano può rappresentare una risorsa preziosa per i comuni, soprattutto in termini di formazione di competenze specifiche, know-how e attività di monitoraggio.

Il problema della scarsità di risorse finanziarie non è dovuto necessariamente alla mancanza di disponibilità di fondi. Piuttosto si registra una scarsa propensione delle amministrazioni comunali a inserire nel bilancio comunale una dotazione finanziaria adeguata alla gestione delle aree verdi esistenti e alla realizzazione di nuove.

Se le somme destinate alla forestazione urbana continueranno ad essere irrisorie è inevitabile che non disporremo degli strumenti necessari ad affrontare le tante criticità esistenti.

Alcune riflessioni finali

Dalla conversazione con il Prof. La Mela Veca emergono due grandi criticità:

  1. la sovrapposizione di responsabilità tra enti del territorio quale limite al coordinamento e alla rapidità di intervento su scala vasta,
  2. una annosa e critica mancanza di risorse finanziarie e professionali che impedisce l’avvio di una pianificazione e gestione razionale ed efficiente del verde urbano.

Carenze che evidentemente ci trasciniamo da molti anni e sindacature. Ogni anno di immobilismo o scarsa reattività ha ingigantito quelli che prima potevano essere problemi ordinari. E’ lo straordinario “mondo” della gestione ordinaria.

Nei nostri territori registriamo la costante incapacità a patrimonializzare nel tempo quanto la storia ci ha consegnato o l’uomo è stato capace di costruire. La responsabilità della politica si manifesta nella misura in cui una cattiva gestione amministrativa produce stalli gestionali e buchi di bilancio che paralizzano le attività quotidiane di una città.

Nei vari quartieri della città stiamo semplicemente assistendo alle conseguenze di questa scia di cattiva gestione, laddove quasi tutto è diventato un’emergenza.

Per riprendere in mano la questione occorre fare delle scelte adesso, dimostrare coraggio nell’assumersi le responsabilità davanti ai cittadini.

Non si può risolvere la complessità della situazione con un colpo di bacchetta magica, ma da qualche parte occorrerà iniziare, anche con i limitati mezzi a disposizione. Alcune emergenze meritano priorità, lo abbiamo visto con le criticità di Viale Regione Siciliana. I cittadini, come sapientemente ribadito dal Prof. La Mela Veca, andrebbero informati ed educati affinché si superino prese di posizione preconcette sull’argomento.

La rimozione o la sostituzione di un albero pericoloso può costituire un segno di civiltà, se questo contribuisce a garantire maggiori condizioni di sicurezza e decoro urbano.

La classe politica locale è capace di scelte impopolari e al contempo utili ad affrontare una sfida che oggi è più legata alla sicurezza che al semplice decoro?

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4 Thoughts to “AAA cercasi coraggio per il verde di Palermo”

  1. punteruolorosso

    ricoprire la sicilia di alberi e arbusti fermerebbe la desertificazione e aumenterebbe la capacità del suolo di trattenere l’acqua e di farla filtrare lentamente verso basso, alimentando falde e pozzi. attraverso l’evaporazione, i boschi fornirebbero all’aria l’umidità che serve a formare le nuvole, e le foglie darebero ombra al suolo.

    quanto a v.le regione, d’accordo coi cipressi. si pensi a una graduale sostituzione.
    capitozzatura: va evitata. il problema della sostituzione dei ficus microcarpa è vero che si tratta ormai di piante storiche, ma mi risulta che si possono trapiantare (come del resto le chorisie). spostarli altrove senza doverli tagliare.
    all’università hanno fatto un lavoro bellissimo sulle chorisie. tranciate le radici superficiali che avevano distrutto il marciapiede, hanno favorito la crescita di quelle profonde. sembra che le radici di alcuni alberi si possano abbassare. si dovrebbero anche allargare le aiuole ad alcuni alberi (vedasi ficus microcarpa) nel frattempo diventati troppo grandi. bella l’idea del marciapiede e dell’asfalto drenante, che consente all’acqua di infiltrarsi e di andare in falda anziché scorrere verso il mare. si pensi a pozzi di quartiere o addirittura di condominio, e a vasche di raccolta dell’acqua piovana, al riciclo delle acque nere riciclate per ricaricare lo sciacquone (16 litri di acqua potabile per una pipì sono un peccato).
    bisogna rimboschire tutti i monti di palermo, darebbero frescura a tutta la città-

  2. Irexia

    Ho letto la lunga intervista con molto interesse, sull’argomento verde pubblico io mi sono molto spesa e ne ho avuto una grande sensazione di sconforto.
    Più di 10 anni fa, gli ideatori di questo sito avevano organizzato un incontro al Parco Uditore con l’allora Assessore comunale La Barbera, anch’egli professore universitario, e ricordo che disse le stesse cose.
    Il trait d’union di tutti i punti della discussione, di oggi come di allora, è l’INADEGUATEZZA: di chi amministra e quindi, a cascata, di chi esegue.
    Ricordo bene come il professore disse che aveva cercato nell’amministrazione comunale le figure di dottori agronomi e non li trovò se non destinati ad uffici non afferenti il verde pubblico sol perché erano rimasti gli unici laureati che potevano svolgere il ruolo di dirigente. Ricordo come con rammarico ammise che i soggetti cui si dava in mano una sega elettrica per potare gli alberi non erano capaci, non erano giardinieri, non erano formati e che quindi tagliare a parallelepipedo gli alberi fosse la cosa più semplice che potessero fare! Lontani anni luce dai freeclimber che lavorano a Trento, come si vede in questo servizio andato in onda un mese fa, circa:
    https://www.rainews.it/tgr/trento/video/2024/05/professione-tree-climber-curano-gli-alberi-arrampicandosi-come-scalatori-062adcb3-26dd-49dc-8416-c672a1f9af69.html
    Capitozzare gli alberi non solo genera un fortissimo stress per le piante (come fanno la fotosintesi clorofilliana, per loro vitale, se si tagliano tutte le foglie?) ma comporta anche l’assenza di fronde ombrose in estate: quanto ne sentiamo la mancanza in questi giorni? Vedo macchine posteggiate in curva e sopra i marciapiedi nel vano tentativo di accaparrarsi la poca ombra disponibile per non trasformarsi in pentole a pressione!
    L’inadeguatezza delle persone preposte alla cura del verde conseguentemente comporta l’inadeguatezza della scelta delle specie arboree: la città è piena di ficus microcarpa perchè negli anni ’80 i politici potevano dire di tenere al verde pubblico piantando questi alberelli dalla rapida crescita ma dall’apparato radicale inadeguato per i marciapiedi cittadini!

    A Milano, con i lavori per il posteggio in piazzale Abbiategrasso ho potuto notare che gli alberi e i cespugli sono stati piantati ben prima di chiudere il cantiere, permettendo così alle piante di radicarsi e rendendo impossibile strappare gli arbusti per portraseli a casa togliendoli alla comunità: a Palermo si ha la stessa cura e attenzione? O invece il verde è percepito soltanto come un inutile orpello, un mero abbellimento, una passata di verde color pantone, che interessa solo raffinati esteti?
    Sempre a Milano ho visto la differenza nel progettare i parchi: a Milano si hanno dei percorsi in terra battuta, dentro, immersi nel verde (giardini della Guastalla o parco Giovanni Paolo II); a Palermo si hanno invece aiuole circoscritte e circondate da enormi viali pedonali addirittura ammattonati (esempio il giardino della Zisa o il roseto di viale Lazio), in cui tutto è riarso dal sole.
    La risistemazione della piazza davanti il Tribunale, in occasione della costruzione del parcheggio sotterraneo, fu una sonora presa in giro! Una libreria, a conferma della delusione, teneva esposto il rendering dela piazza in cui sembrava sarebbe stata piantata una specie di orangerie e invece i cubi che avrebbero dovuto accogliere profumati e autoctoni alberelli di agrumi (che richiedono acqua, ma possibile che in sede di progettazione non si sia pensato al relativo impianto di irrigazione automatica?) sono pieni per lo più di cartacce.
    Sul Parco Ninni Cassarà è scivolato il silenzio dopo le inchieste giudiziarie, sul parco Libero Grassi si stanno forse aprendo delle speranze, sul parco del fiume Oreto il videomaker Igor D’India accese i riflettori e anche il FAI dette 10.000 euro perchè si classificò al secondo posto tra i luoghi del cuore in tutta Italia, ma ad oggi non se ne sa granchè; con il PNRR si sarebbe potuto convogliare il flusso di acque fognarie dei paesi a monte nei depuratori per potere avere un fiume sano che non scarichi liquami a mare, ma…

    In definitiva, anche l’ultima tranche dell’intervista lo dice a chiare lettere, non c’è un adeguato stanziamento economico per il settore: l’amministrazione (non quella attuale, ma in generale) è completamente disinteressata all’argomento, forse perché un terreno destinato a verde non vale quanto uno edificabile, eppure il caldo asfissiante e sempre più torrido che purtroppo è destinato a presentarsi sempre più spesso e sempre più forte, si combatte principalmente così, con alberature diffuse che riescano a dissipare la bolla di calore che tutte le città di asfalto e cemento generano (in media un paio di gradi almeno in più dell’hinterland)!

  3. PLS

    Il verde urbano palermitano va completamente ripensato e le autorevoli parole del professore confermano quanto sotto la vista di tutti e le possibili linee d’azione. Il verde va ripensato in termini di sicurezza per gli utenti della strada ma anche in termini di decoro.
    Sono decenni che vedo l’ingresso di Palermo con le palme mai potate e quelle piccole asfittiche. Chi entra in città ha subito l’idea della incuria, abbandono e anaffettività.
    I pini domestici (sula circonvallazione, alla Favorita, sul monte Pellegrino ecc.) sono una iattura capaci solo di buttare aghi che restano in eterno sull’asfalto o s terreno senza deteriorarsi.
    I ficus ormai ci sono ma sono alberi da orto botanico e gli eucalipto li concepisco solo con il koala sopra.
    Insomma, serve un rapporto più stretto tra Comune e Università, che possiede le conoscenze utile alla pianificazione e intervento, mettendo da parte vedute politiche diverse e anteponendo il benessere della cittadinanza e degli alberi priviligiando specie autoctone.

  4. Irexia

    Hai ragione PLS, il verde urbano va ripensato, ridisegnato riprogrammato consultando esperti nel settore!
    Mi dispiace dirlo ma… A Milano il dibattito è già aperto, e a Palermo (fuori da questo sito, s’intende)?
    https://milano.repubblica.it/cronaca/2024/08/18/news/darsena_isole_di_calore_rampicanti_piante_milano-423450815/

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