Un papà palermitano anonimo ha acquistato degli spazi pubblicitari presso le fermate degli autobus e parapedonali per pubblicare una lettera indirizzata al presidente della Repubblica contro il degrado di Palermo e la rassegnazione dei cittadini.
Il testo della lettera:
«Caro Presidente
sono il papà di una bimba ancora troppo ingenua per distinguere un diritto da un favore, troppo innocente per capire cosa significhi avere mille bare in attesa di sepoltura e tutto sommato troppo piccola (ha solo 4 anni!) per soffrire i disagi di chi ogni giorno rimane intrappolato su strade puntellate da cantieri infiniti, buche e ponti pericolanti.
Una bimba che vive a Palermo e che alla fine chiede solo piccole cose come uno scivolo, un’altalena, uno spazio in cui girare in bici senza rischiare di farsi male, un luogo che non sia costretta a contendersi con il degrado che avanza inesorabilmente.
Sappiamo tutti che gli ultimi mesi sono stati drammatici e chiedere una città più pulita o un parco giochi, mentre il mondo affronta una crisi senza precedenti, può sembrare quasi offensivo, per non dire oltraggioso.
Ma in questo clima di desolante rassegnazione, mi preoccupa pure il fatto che i nostri figli non riescano più a stupirsi o ad impressionarsi davanti alle discariche e ai sacchetti di rifiuti che accompagnano il tragitto a piedi da casa a scuola, non provano un briciolo di fastidio o disgusto, li scansano senza degnarli di uno sguardo o di un commento, come se ormai facessero parte dell’arredo urbano.
Come se fosse normale.
Mi creda, questo non è e non vuole essere il solito atto di accusa contro chi ha trasformato un luogo così bello, crocevia di culture nella cloaca d’Italia. Anzi, visto che ci siamo, voglio essere il primo a sedere sul banco degli imputati: dopo tutto il sentimento di sconfitta e di rassegnazione che sta contaminando i nostri figli è un virus che parte da noi adulti e si diffonde attraverso le nostre (troppe) distrazioni.
Però un ultimo tentativo sento il dovere di farlo. Perché in un momento in cui ci troviamo ad affrontare battaglie epocali, la paura più grande è proprio quella di avviare al mondo generazioni di cittadini senza coscienza critica, incapaci di lottare e di cambiare le cose. E mi rivolgo a lei, caro Presidente, perché nonostante tutto, nonostante le ferite che ha rimediato negli anni, ha continuato ad amare questa città e a vivere a pochi passi dal luogo in cui le è stato inferto il dolore più grande.
Mi rivolgo a lei perché vorrei che usasse la sua autorevolezza per parlare al cuore dei palermitani. Per spiegare loro che esiste una via alternativa alla rassegnazione.
Che anche Palermo può riassaporare almeno uno spicchio del suo antico splendore.
Parli a chi potrebbe cambiare le cose ma preferisce cambiare città. E parli anche a quelli che pur non potendo cambiare città, non sanno che volendo (e con poco) potrebbero cambiare le cose.
Insegni loro ad amare Palermo, a rivendicare spazi puliti e accoglienti e ad avere cura del bene comune. Spieghi a chi si ostina a sfregiare con i propri vizi strade, piazze e marciapiedi che un semplice gesto e tante piccole azioni quotidiane possono contribuire a ripulire l’aspetto e l’immagine di questa terra.
Si faccia portavoce di tutti quei genitori che alla fine vorrebbero semplicemente far vivere e crescere i figli in un luogo migliore, allontanandoli da una rassegnazione che non può maturare ad appena 4 anni.
Ci dia la forza di cambiare le cose.
Per non continuare a inseguire il coraggio di cambiare città.
un papà»
E’ una lettera , civile ed educata, di un cittadino con la quale si invita il Presidente Mattarella ad intervenire per cercare di salvare questa città che la cattiva amministrazione ha trasformato nella “cloaca d’Italia” dove non si rispettano ne i vivi ne i morti .
In questa lettera non si fanno nomi ma l’ atto di accusa, per l’attuale classe dirigente della città, è devastante.
In un’altra città il sindaco, anche se non citato, avrebbe risposto, ma ormai Orlando vive ,nella sua torre d’avorio, un isolamento sdegnoso e rifiuta contatti con chi reputa inferiore a Lui , cioè i cittadini.
Nella sua “visione” non c’è posto per i tanti problemi della città.