LO ” STRANO” CASO DELLE SORELLE PILLIU’ : IL PALAZZO MALEDETTO
C’è un palazzo a Palermo che spiega meglio di tanti trattati di mafia o di tanti processi , lo stretto rapporto di complicità tra Stato – mafia e politica.
Un recente servizio delle “ IENE” ha riportato all’attenzione il caso di questo palazzo e la vicenda delle sorelle Rosa e Savina Pilliu che da oltre trent’anni combattono la mafia nonostante tutto e tutti.
Una brutta vicenda dove non si salva nessuno e forse per questo la nostra “informazione” e la nostra classe politica e giudiziaria ha sempre cercato di insabbiare.
La vicenda è stata raccontata in un articolo del “ Fatto Quotidiano” del 20 /11/2009 di Marco Lillo
Cerchiamo di riassumerla.
Queste due signorine Pilliu , di origine sarda, possedevano due casette in Piazza Leoni. Il padre era morto giovane ma le sorelle e la mamma, a costo di mille sacrifici, erano riuscite ad andare avanti grazie a un negozio di generi alimentari in Via le Bersagliere . Tutto scorreva tranquillo finché la mafia non mise gli occhi sul terreno accanto alle casette
Raccontano le sorelle Pilliu :
“All’inizio si fece avanti Rosario Spatola, uno degli uomini più ricchi della Sicilia, costruttore della vecchia mafia legato a Stefano Bontate. Nel settembre del 1979, Spatola si presenta nel nostro negozio. Aveva acquistato il terreno confinante e , per costruire un palazzo più grande , voleva comprare le due casette. La proposta era buona ma la trattativa si interruppe perchè due settimane dopo Spatola finisce in galera”.
Nel 1984 il terreno di Spatola viene ceduto a un “costruttore” Pietro Lo Sicco.
Nella realtà si trattava di un benzinaio che era stato legato, come Spatola, al boss Stefano Bontate. Quando il vecchio boss viene ucciso passa con i vincenti, cioè con i “corleonesi”. Quando rileva il terreno cerca subito di comprare le due casette delle sorelle Pilliu per ampliare lo spazio e la cubatura del palazzo ma alle sue condizioni , cioè a una cifra molto inferiore da quella proposta da Spatola cinque anni prima. Ma le sorelle Pilliu non ci stanno a svendere e si rifiutano di cedere le due casette a quelle condizioni.
Lo Sicco ottiene una licenza che prevedeva la possibilità di costruire un palazzo con tre scale e sette piani (che poi “ magicamente”diverranno nove) a condizione che prima la società di Lo Sicco, Lopedil, abbatta le casette che però, piccolo particolare, ….. non sono della Lopedil.
Ma per il “ costruttore” non era un problema, infatti Lo Sicco dichiara al Comune di essere il proprietario delle due casette delle sorelle Pilliu. Ovviamente sotto c’è una mazzetta all’assessore all’urbanistica e così il 3 marzo del 1990 la società ottiene la concessione edilizia.
Giustamente le sorelle Pilliu denunciano alla Prefettura e al Comune l’abuso ma “ stranamente” la denuncia…….viene insabbiata.
Era arrivata la “Primavera” a Palermo ma , come sostenne il giudice Falcone al CSM pochi mesi prima di essere ucciso, “Ciancimino continuava a imperare”
E cosi le ruspe ,nonostante la denuncia e l’evidente abuso, cominciano ad abbattere le due casette .
Le sorelle chiamano i vigili urbani, la Polizia e i Carabinieri ma……. nessuno interviene. Con molta calma il comandante dei vigili arriva sul luogo ma dopo aver controllato le carte dice: “sono in regola e io posso fermare un automobilista senza patente non uno con una patente falsa”.
In parole povere il comandante si era reso conto che quella licenza edilizia era falsa ma aveva capito che dietro c’erano interessi troppo forti e lui non era un eroe.
Le signorine cercano di opporsi fisicamente ma Lo Sicco le minaccia e le offende dicendo a Rosa Pilliu:
“Vattene da qui perchè se no ti dò un timpuruni. Senti a me, vai a vendere i tuoi pacchi di pasta al negozio che tra un po’ non potrai vendere più nemmeno quelli”.
È dopo questa frase , come ricorda l’articolo sul “ Fatto Quotidiano”, che le sorelle, disperate, chiedono aiuto al giudice Borsellino che capisce che in questa vicenda c’è qualcosa di grave . E cosi prende contatto con le sorelle Pilliu.
Si vedono l’ultima volta il 13 luglio 1992, il magistrato le rinvia a due giorni dopo. Ma è il giorno di Santa Rosalia, e le Pilliu non vogliono perdersi la festa alla “Santuzza” e chiedono di fissare un altro appuntamento. Borsellino si impegna a richiamarle.
Sei giorni dopo morirà in via D’Amelio.
Il giudice Borsellino non poteva sapere che proprio gli uomini interessati a quel palazzo stavano preparando la sua uccisione .
Proprio da Piazza Leoni, dove allora sorgeva lo scheletro del palazzo abusivo, sarebbe partita al’alba del 19 luglio del 1992 la Fiat 126 imbottita con 90 chilogrammi di tritolo che ha ucciso il giudice istruttore.
Il Palazzo trasuda di sangue, di mafia e corruzione .
Il capo dei lavori, è stato strangolato perché non voleva dividere la torta di quell’ affare, nel palazzo c’era anche un appartamento con un muro finto dietro il quale si nascondevano le armi del clan Madonia, alcuni latitanti avevano trovato rifugio e inoltre in alcuni appartamenti hanno abitato boss mafiosi , i loro familiari e molti “ colletti bianchi” a loro legati .
Ma il palazzo è maledetto e anche i protagonisti di questo sporco affare non hanno potuto godere il frutto delle loro malefatte: il costruttore Lo Sicco è stato condannato per mafia e corruzione, il palazzo è stato confiscato perché abusivo e l’assessore , che ha concesso la licenza, è stato condannato per le mazzette ricevute in cambio di tale concessione edilizia
Il 17 settembre 1993 il Comune annulla la concessione edilizia e blocca tutto.
A questo punto, come ricorda l’articolo sul “Fatto Quotidiano” entra in scena un noto avvocato , persona con grande competenza nelle pratiche di edilizia, che presenta ricorso al Tar, contro la confisca e il suo socio va addirittura in tv con Lo Sicco ad attaccare una coraggiosa giornalista, Valentina Errante, che aveva scoperto l’abuso.
La sua tesi è che la demolizione delle casette da parte di Lo Sicco “avrebbe solo anticipato gli esiti di un intervento di pubblica utilità, cui istituzionalmente era ed è tenuta l’Amministrazione Comunale”.
In parole povere Lo Sicco è un benemerito che si è sostituito alle ruspe del comune.
Se ha finto di essere proprietario ed ha abbattuto con le ruspe le case altrui non lo ha fatto certo per vendere a clienti facoltosi e amici mafiosi bensì per “ridare decoro alla zona”. Meriterebbe quasi un premio
Tesi alquanto ardita ma incredibilmente il Tar il 23 gennaio del 1995 accoglie tale tesi del noto avvocato e del suo cliente e annulla la revoca della concessione.
Ma rimaneva però il problema dell’abusivismo, infatti il palazzo aveva subito alcune “trascurabili” modifiche , per esempio due piani erano totalmente abusivi.
Ma niente paura: nella finanziaria del 2000 uno strano emendamento introdusse una norma che permetteva di sanare situazione simili a quella del palazzo di piazza Leoni.
Immediatamente l’amministratore giudiziario chiede e ottiene la sanatoria per il palazzo confiscato per mafia .
Era il tempo delle leggi “ ad personam” e la cosa non sorprese nessuno.
Forse questo emendamento era stato suggerito dal noto avvocato che nel frattempo era entrato in politica ?.
Nel gennaio del 2005 sono crollate le casette delle Pilliu e finalmente un giudice interviene prontamente e apre un inchiesta, …….contro le sorelle Pilliu, per crollo colposo. ( sob !!!!)
Giustizia è fatta !
P.S. Sono passati più di 10 anni da quel articolo sul “ Fatto quotidiano “ ma la stampa ,le istituzioni e le varie associazioni antimafia, non vogliono parlare di questo caso e il negozio di specialità alimentari sarde delle sorelle Pilliù , in via del bersagliere , è sempre desolatamente vuoto.
I “ bravi cittadini palermitani” manifestano in questo modo il loro “impegno antimafia” boicottando il negozio di due donne che non si sono piegate all’ arroganza della mafia.
COMPLIMENTI !!!
Conoscevo già la storia, ma grazie, belfagor, per avercela ricordata. È da tanto in effetti, che non entro nel loro negozio, devo impegnarmi per passarci più spesso!
Ho voluto ricordare tale vicenda , nel giorno in cui si ricorda il sacrificio di Paolo Borsellino e della sua scorta, perchè forse questa vicenda è in qualche modo legata alla sua uccisione.
Ai funerali di Paolo Borsellino e di Giovanni Falcone erano presenti, in prima fila, coloro che li avevano attaccati e ostacolati , anche pubblicamente.
Da noi “l’impegno antimafia” si manifesta solo a parole e con le solite parate periodiche di politicanti e “amministratori” e serve soprattutto per fare carriera.
I tanti scandali che hanno coinvolto certi ” campioni dell’antimafia “ sono la dimostrazione che forse i veri eroi sono persone come le sorelle Pilliù boicottati dai “ bravi cittadini” sempre pronti a scendere in piazza per la “ legalità “.
La legalità ,per questa gente, purtroppo è solo di facciata .
Temo che alla vecchia mafia dei palazzinari si è sostituita una nuova mafia …… quella dei ” campioni dell’antimafia”, fatta da burocrati , professionisti , amministratori e da ….uomini di Legge.
P.S. Questo è quello che voleva leggere Paolo Borsellino durante il funerale del suo amico Giovanni Falcone
“ Oggi ,signori e signore, davanti a voi in questa bara di mogano costosissima , c’è una testa di m……
Uno che aveva sognato niente meno di sconfiggere la mafia applicando la legge “