Forse non molti ci fanno caso, eppure nel corso dell’anno le manifestazioni che permettono la visita di tesori cittadini più o meno sconosciuti sono diverse. Si va dalla più famosa “Palermo apre le Porte” alla più recente “Le vie dei Tesori”. Eppure un attento appassionato di Palermo può anche scovare altre manifestazioni, magari non molto pubblicizzate, che permettono la visita di beni straordinari e del tutto sconosciuti. E’ il caso di Palazzo Petyx (ex opificio Dagnino) in via Enrico Albanese, nel rione Libertà, oggi appartenente alla Banca Popolare Sant’Angelo che ha aperto le sue sedi avendo aderito alla XII edizione della manifestazione “Invito a palazzo, arte e storia nelle banche”.
Venne edificato nel 1906 su progetto dell’architetto torinese Giacomo Nicolai, per conto di Nicolò Dagnino.
I Dagnino sono una nota famiglia di pasticceri palermitani, che ebbero le proprie rinomate pasticcerie nel cuore del centro, in via Ruggero Settimo, “La pasticceria del Massimo” e “l’Extrabar Olimpia”, due luoghi che ebbero un grande ruolo nella vita sociale e mondana della città lungo tutto il ‘900.
Il capostipite Nicolò emigrò a Palermo da Genova nel 1896 e qui fece fortuna (che cosa stramba, il mondo era al contrario).
Il prospetto ha alcuni elementi liberty, e altri neorinascimentali. Al piano terra erano uffici, gli ambienti di rappresentanza al piano superiore mentre nei corpi bassi laterali officine, locali espositivi, magazzini e depositi. Nel 1911 la fabbrica di mobili contava ben 62 dipendenti.
Nel 1919 l’immobile passò a Teresa Anfossi che vi apportò cambiamenti e migliorie, nonostante la forzatura della destinazione residenziale di un edificio nato come industriale
La signora Anfossi lo rivendette nel 1921 ai coniugi Petyx (giunti a Palermo nel 1885) che trasformeranno il palazzo in una residenza aristocratica, impreziosendolo con vetrate piombate, dipinti, sculture, etc.
I lavori durarono dieci anni, anni in cui i Petix riempirono il palazzo di pregiati pezzi d’antiquariato. La casa venne inaugurata con ben due grandi feste di inaugurazione nei primissimi anni ’30 del ‘900, ricevimenti a cui accorse tutto il bel mondo dell’epoca.
Dall’androne si accede alla scala, quasi nascosta, come a rivelare l’originale destinazione del palazzo e la forzatura del cambio di destinazione. Al piano nobile si accede ad un vestibolo e un lungo corridio che porta alle varie camere, in cui si inseguono suggestioni neo-gotiche, di derivazione inglese e qualche eco veneziana nei cassettonati verde e oro e negli stucchi rococò.
Ma vi ho tediato abbastanza, metto qualche foto.
La severa sala rinascimentale, ex sala da pranzo dei Petix, oggi ufficio del Presidente della Banca.
Il salone, che chiaramente si rifà agli ambienti rococò, è l’autentico fiore all’occhiello della casa. Qui è passato il fior fiore della borghesia palermitana del tempo.
l dipinto centrale “Poseidone tra sirene e nereidi e Anfitrite sul cocchio trainato da cigni” attribuito a Luca Giordano.
Interessanti anche i vani seminterrati oggi utilizzati come Area Culturale. Siccome ai tempi dell’opificio non vi era un collegamento diretto tra questi ambienti e la casa, in tempi moderni si è realizzata questa interessante scala a chiocciola in acciaio cromato.
Due epoche a confronto.
L’originale passamano della scala di gusto Decò, in una bellissima varietà di marmo verde, ha un riferimento nell’ambiente contemporaneo che conduce alla scala a chiocciola nell’inserto di un marmo molto simile (se non uguale) nel passamano di un’altra scaletta moderna.
E’ straordinario quanti tesori Palermo nasconda.
Un’idea potrebbe essere quella di crare un vento di richiamo internazionale una volta all’anno in cui coordinare tutte queste aperture di strutture semi-scnosciute ma incantevoli.
Complimenti anche a Maqveda. Mi piace come è scritto l’articolo.
Per fortuna la storia di Palermo non è sempre stata la stessa, alla fine dell’800 inizi del 900 era davvero una città attiva dinamica e propulsiva con una borghesia ricca e intraprendente, non a caso l’Esposizione Nazionale che doveva essere di carattere internazionale in un primo tempo, ma poi già allora i vertici romani remarono contro.
Questo è un esempio lampante di questo periodo, un periodo come scriveva Maqueda nel quale qualcuno veniva ad investire qui in Sicilia a Palermo soprattutto, un periodo che vedeva crescere la città che a paragone non ha alcun collegamento con il degrado attuale. Questo periodo dura fino agli anni 20, già con il ventennio le cose cambiano anche se durante il Fascismo molte cose furono fatte.
Dopo…
La desolazione, forse anche dovuta al fatto che si è svenduta la Sicilia alla mafia e ai poteri che la asservivano, del resto senza la mafia non ci sarebbe stato manco lo sbarco degli alleati. Poi arrivarono i Corleonesi che depredarono e violentarono la città, Viale Libertà compreso, che invece se non fosse successo tutto questo, sarebbe uno scrigno ben più grande e ricco di adesso, e le bellissime immagini con allegato articolo di Maqueda, sono una conferma. Grazie come sempre all’autore, si vede che ami davvero la tua città… Bravissimo
In questi week end, sto scoprendo grazie alle “vie dei tesori” delle meraviglie, spesso nascoste, che non avrei mai immaginato.
Sono delle manifestazioni che creano e costruiscono un legame con la propria città. Adoro fare il “turista” nella mia città.
Complimenti, davvero un bell’articolo.
Mi piace, grazie MAQVEDA