Un episodio grave scuote il trasporto pubblico palermitano: autisti AMAT aggrediti con pietre e minacce durante il servizio nella zona dello Zen. La reazione? Una proposta che lascia perplessi: “Tagliamo lo Zen dai collegamenti in autobus”.
Questa dichiarazione, riportata da fonti locali, non è solo una resa istituzionale: è l’ammissione che lo Stato abdica al suo ruolo nei quartieri più fragili. Ma davvero la soluzione è isolare chi vive in contesti difficili? O è il momento di pretendere sicurezza, investimenti e dignità?
Sicurezza: diritto di chi lavora e di chi viaggia
Gli autisti AMAT non devono essere lasciati soli. Servono:
- Presidi mobili di sicurezza su tratte a rischio
- Telecamere e pulsanti d’allarme su ogni mezzo
Ma serve anche una presa di posizione chiara: la mobilità pubblica non si sospende, si difende.
Lo Zen non si taglia: si collega, si ascolta, si cambia
Tagliare una linea significa tagliare un diritto. Lo Zen ha bisogno di:
- Collegamenti frequenti e affidabili, anche eventuali navette
- Progetti di inclusione urbana
- Presenza costante delle istituzioni
Mobilita Palermo lo dice da anni: la mobilità è uno strumento di giustizia sociale. Isolare un quartiere è il contrario di ciò che serve.
Mobilità come presidio civile
Ogni autobus che attraversa lo Zen è un atto di fiducia nella città. Ogni autista che lavora lì è un presidio di civiltà. Ogni cittadino che prende quel mezzo è un ponte tra mondi che non devono restare separati.
La risposta non è tagliare. È investire, proteggere, ascoltare.
