Riconversione ecologica del giardino della zisa

Perché non presentare al comune un progetto di riconversione del parco della zisa in qualcosa di più umano?
Ecco i miei punti critici:

  • in basso, i dislivelli risolti con brutte scalinate-fontane e muri di cemento da giardino condominiale anni 70
  • in mezzo, l’ampiezza autostradale dei viali (che si potrebbero restringere in favore di aiuole più grandi)
  • in alto la comunicazione fra il giardino e il monumento, resa tortuosa da un pessimo rapporto fra i dammusi, la cancellata e lo spazio antistante al monumento. in generale non si capisce perché quest’ultimo, vasca inclusa, non sia stato inserito nel giardino.

Inoltre si potrebbe estendere l’area verde fino a via guglielmo il buono.
Oggi la cancellata si trova molto più in alto.

Fra la strada e la cancellata c’è una terra di nessuno in cemento dove le palme sono state distrutte dal punteruolo e mai sostituite.

Ricapitolando gli interventi che andrebbero fatti sarebbero:

  • sostituire le scalette e i muri di sotto con un’unica scalinata che segnali il dislivello in modo elegante e semplice. L’acqua proveniente dalla fontana centrale potrebbe scendere, come adesso, centralmente, ricavando una nicchia nella scalinata.
  • ingrandire le aiuole senza stravolgerne la geometria.
  • risolvere il dissesto della parte superiore del giardino (in alto a sinistra guardando il monumento).
  • cambiare il rapporto con i dammusi e con il monumento, estendendo il giardino fino a quest’ultimo e ricavando un ingresso centrale. Oggi per visitare il monumento bisogna uscire dal giardino ed attraversare una brutta cancellata.
  • cambiare il rapporto fra il giardino e via guglielmo il buono, estendendo il progetto all’area dell’ex palmeto.
  • abbattere il muro che separa il giardino dal sacro cuore, creando un unico spazio verde.
  • gli scivoli per i disabili potrebbero essere ricavati lateralmente.

Penso che questa proposta sia di rottamazione, decostruzione e riconversione ecologica, con piccole ma importanti aggiunte e sostituzioni. Sicuramente non costerebbe tanto…
A voi i commenti e spero che qualcuno si faccia avanti.

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17 Thoughts to “Riconversione ecologica del giardino della zisa”

  1. Irexia

    Mi sembrano proposte non di buon, ma di ottimo senso! 🙂
    Una domanda: i dammusi che utilità hanno oggi?

    1. punteruolorosso

      ricovero ai vandali e ai ragazzacci del quartiere. per questo, alcuni dammusi sono stati sbarrati.
      non penso che i bagni pubblici ivi presenti siano accessibili.

      1. Irexia

        Ah! Ottimo! O_o
        Ma non potrebbero essere inglobati nell’offerta al visitatore? Non si potrebbe farne biglietteria, bookshop, bagni pubblici (per i visitatori del parco come del monumento), bar-ristorante…
        Ovunque, nel resto del mondo, ogni sito turistico-archeologico-culturale fornisce anche questi servizi… Io non capisco perchè siamo così indietro…
        Dite sarebbe possibile?

  2. phrantsvotsa

    Proposte di buon senso…ma pare proprio che a nessuno importi nulla del giardino della Zisa. Gli unici che ci si dedicano sono i giardinieri…ma combattono la loro battaglia di Pirro.

    Io aggiungo:
    1) Eliminare la colanta di cemento antistante l’ingresso, dove fanghi locali entrano in moto e perfino in auto a scorazzare senza nessun problema; questa va inglobata nel giardino e la cancellata va spostata in avanti.
    2) Eliminare quel benzinaio schifoso, che neanche in Togo se ne vedono di simili. Ma dico…una pompa di benzina, vecchia sporca e indegna davanti ad un patrimonio Unesco!…Ma si può?
    3) CONTROLLI!! Ci vuole un posto di polizia..sarebbe un bene anche per tutto il quartiere. Perchè non ristrutturare l’ex scuola di p.zza Ingastone, oggi inagibile e abbandonata, e ricavarci un commissariato?

    Abito in zona…e non potete neanche immaginare i commenti dei numerosi turisti che ahinoi, ogni giorno vanno a visitare il castello. Vanno dall’indignato, allo schifato…passando per l’ironico!

    A volte mi vergogno…

    1. punteruolorosso

      la cura del verde è migliorata moltissimo, ma non basta a cancellare le brutture progettuali.
      sì appunto estendere il giardino fino a via guglielmo il buono e al sacro cuore, abbattendo il muro. ancora una volta, come nel roseto di viale campania, due spazi verdi contigui e non comunicanti.
      questo avviene anche fra villa giulia e l’orto botanico, ma lì è una cesura storica.
      pensiamo alle green-ways, ai grandi parchi che attraversano le città, alle cinture verdi?
      si cominci a unire fra loro i pezzi di verde che abbiamo.

    2. Athon

      …e vogliamo parlare anche della pompa di benzina davanti la Porta dei Greci?! Oppure di tutta quell’accozzaglia di cose che ostruiscono la vista di Piazza San Domenico da Via Roma?! E di casi simili ce ne sono una miriade! Ma come si fa a lasciare che per anni persistano situazioni del genere? Qui siamo all’ abc del senso del decoro. Si tratta di cose che andrebbero risolte dall’oggi al domani.

  3. Si, sino d’accordo. E sono d’accordo con i 3 punti citati da “phrantsvotsa” …
    Il cemento va CANCELLATO !!! TERRA … Natura … E GESTIONE … Controllo e valorizzazione … Quindi … Valorizzare la Zisa vuol dire NON valorizzare la Zisa in sé … Perché è palese che ciò non serva a NIENTE … Vuol dire valorizzare l’INTORNO !!! il Quartiere. La Città … Le cose fatte a metà, NON FUNZIONANO !!!

  4. Athon

    Sì! Che il giardino della Zisa necessiti di essere interessato da nuovi lavori è fuor di dubbio. Lo stato attuale non convince quasi nessuno. Su Tripadvisor e simili i turisti spesso scrivono di trovare meraviglioso il Palazzo ma pessimo il giardino. Inoltre lamentano le brutture urbanistiche che circondano l’area della Zisa. A Palermo sarebbe il caso di iniziare a demolire un bel po’ di orrori anni ’50 / ’60 / ’70.

    1. fabio77

      Si fa presto a dire: demolire!!! E le persone che abitano in questi palazzoni dove le mettiamo??? Il Comune con quali soldi demolisce? Con quali soldi trova le nuove abitazioni per gli sfollati? Per non parlare della miriade di ricorsi che arriverebbero al Tar e che sicuramente bloccherebbero l’iter. Tutti vogliamo una città più bella, senza brutture urbanistiche, come le chiama Lei. Ma non è semplice mettere in atto operazioni del genere.

      1. Athon

        Fabio77, io credo che nonostante il problema dei casermoni in cemento armato sia di difficile risoluzione, sia comunque opportuno iniziare a parlarne esplicitamente. Finora la questione, almeno a Palermo, è stata quasi un tabù, proprio per le ragioni evidenziate da te.

        Al di là del fatto estetico, che di per sé non è una questione irrilevante, in un futuro non troppo lontano emergeranno anche problemi di tipo strutturale.

        In Europa hanno già cominciato ad abbattere i casermoni, perchè brutti, con costi di manutenzione notevoli e soprattutto destinati comunque a vita breve. Il cemento armato ha infatti una durabilità parecchio limitata, soprattutto quando depotenziato. Si può anche procedere con le ristrutturazioni, una volta il tetto, una volta la facciata, una volta i balconi etc…etc… ma nel momento in cui cominceranno a cedere le strutture portanti, i costi per ripristinare l’agibilità di tali palazzoni saranno di gran lunga più alti di quelli richiesti dall’eventuale demolizione. Ecco un esempio di abbattimento a Glasgow: http://www.idealista.it/news/immobiliare/residenziale/2013/05/14/78354-il-futuro-dei-casermoni-di-periferia-10-secondi-di-demolizione-video

        In Italia, in alcune città, come Milano o Roma, da qualche anno è già partito il dibattito circa la possibilità di liberarsi delle brutture degli anni ’50 /’60/’70, anche se ancora non è stato fatto nulla. Qualcosina è successa solo a Torino, dove per preparare la città alle Olimpiadi del 2006 hanno demolito qualche palazzone.

        Molti credono che i palazzoni non spariranno mai, invece spariranno comunque perchè continueranno progressivamente a deteriorarsi. Nessuno è certo sui tempi perchè essendo il cemento armato un materiale piuttosto recente, manca una casistica a cui fare riferimento. Si ritiene che la durabilità copra un secolo al massimo, ma soltanto se il cemento è stato creato a regola d’arte. Nella migliore delle ipotesi (nella migliore intendo che siamo ai limiti della fantascienza) tali palazzoni duraranno per un’altra cinquantina di anni. Dopodiché il problema si manifesterà in tutta la sua evidenza.

        Qui una riflessione sul problema dei casermoni proposta qualche anno fa da Donato Didonna: http://www.rosalio.it/2007/11/21/ecco-come-2-riconversione-del-territorio/

        Nella fattispecie, non so se essere d’accordo o meno con Didonna. L’importante è di tali questioni si cominci a parlare anche a Palermo.

        Ritengo che parecchi palazzoni andrebbero demoliti sin da adesso. Per due ragioni fondamentali, che vanno oltre la questione meramente estetica:

        1) Alcuni casermoni abitativi hanno già cominciato a manifestare segnali poco rassicuranti, spesso visibili anche dall’esterno. Di palazzoni con le facciate rattoppate qua e là col semplice cemento se ne vedono un bel po’ (tipo quello accanto a Villa Giulia, davanti il porticciolo di Sant’Erasmo). Ad accellerare il naturale processo di deterioramento, negli anni hanno contribuito anche le tante modifiche interne (abbatti un muro, apri una porta, crei una finestra etc…etc…) che spesso i residenti non hanno mancato di fare.

        2) I palazzoni sono stati costruiti, grossomodo, nello stesso periodo e con gli stessi materiali scadenti. Il processo di derioramento li interesserà tutti all’incirca con gli stessi tempi (forse solo quelli che si affacciano direttamente sul mare avranno una vita ancora più breve rispetto gli altri). Molti hanno un’età che si aggira già sui settant’anni. Dicevo che le stime circa la durabilità del cemento armato, che coprirebbe all’incirca 100 anni, sono limitate al solo cemento armato creato a regola d’arte. Sappiamo che quello utilizzato a Palermo e in un altre città d’Italia, durante quegli anni folli di speculazione edilizia, con molta probabilità era scarso. Facendo due conti, il problema della sicurezza dei casermoni si manifesterà, con tutta la sua evidenza, in un arco temporale che, in fin dei conti, non è poi così lontano all’orizzonte.

        Immaginiamo che il problema dovesse un giorno esplodere tutto assieme: saremo pronti per affrontarlo? Il tutto si configurerà anche come un grave problema di tipo sociale/abitativo? Avremo a disposizione le cospicue risorse necessarie, da impegnare in un arco di tempo limitato, per risolvere adeguatamente la questione?

        Supponendo che non si avranno capitali immensi per avviare tutta una serie di demolizioni e la conseguente costruzione di nuove abitazioni (o l’acquisto dei tanti appartamenti in disuso del centro storico), come finirà? Si costruiranno baracche “provvisorie” in attesa di tempi migliori? A Messina in interi quartieri la gente vive ancora nelle capanne “temporanee” costruite dopo il terremoto del 1908, se le tramandano di generazione in generazione e stanno ancora aspettando i “tempi migliori”…

        Considerato tutto ciò, non sarebbe ragionevole cominciare a studiare un piano sin da adesso? Bisognerebbe iniziare con indagini a tappeto sull’effettiva agibilità di molti palazzoni (alcuni in zona Brancaccio, per esempio, si stanno letteralmente sbriciolando, ed è inequivocabile già a vederli dall’esterno). Dopodiché sarebbe il caso di partire concretamente con le demolizioni, da farsi progressivamente negli anni, in modo tale da spalmare nel tempo qualcosa che, in caso contrario, si manifesterà un giorno in tutta la sua portata, e sarà complicato farvi fronte.

    2. punteruolorosso

      sulle brutture urbanistiche il discorso è ampio e richiede un investimento massiccio e una messa in moto dell’edilizia eco-compatibile in sostituzione di quella adottata finora, e senza consumo ulteriore di suolo. si può fare se il governo dà degli incentivi adeguati, e abbandona la politica del consumo di suolo e delle newtowns. i soldi così investiti si risparmiano sulla bolletta energetica e sulla spesa per le calamità che ogni anno affrontiamo.
      il mio discorso riguardava soltanto il giardino e la sua integrazione con il sacro cuore, via guglielmo il buono e la zisa. si potrebbe realizzare con meno di un milione di euro.

      1. phrantsvotsa

        Concordo

  5. phrantsvotsa

    Per quanto riguarda l’edilizia della ZISA, bisogna fare una precisazione.
    La parte antica, il quadrato composto da via Zisa, Via Silvio Pellico e via Cardinale Tomasi, è composto da edifici costruiti a partire da fine 800 fino agli anni 40. Gli edifici con i bassorilievi sono paragonabili per stile e periodo alla Garbatella di Roma; gran parte di questi sono già ristrutturati e pur essendo per la maggior parte edilizia popolare (di epoca fascista), presentano un certo pregio ed una certa eleganza. Basterebbe alberare le strade (anche per combattere il posteggio selvaggio) e migliorare il decoro urbano..e ovviamente aprire il tappo di p.zza Ingastone (occupato da due edifici, uno disabitato l’altro con una famiglia) in modo da collegare via Cardinale Tomasi con via Imera (come previsto dal vecchio piano regolatore).
    Questo Quadrato è percorso giornalmente da turisti…è di fatto una zona turistica…una semplice alberatura migliorerebbe tantissimo l’aspetto generale dell’area.
    Il vero problema della Zisa invece sono gli edifici costruiti a partire dagli anni 60, in pieno sacco edilizio; anonimi, malfatti, sempre bisognosi di manutenzione, squallidi e decontestualizzati.
    Ma Per quelli c’è poco da fare…anche perchè l’80% di Palermo è composta da questi edifici.

    1. punteruolorosso

      il giardino della zisa ha molte caratterisitche assimilabili a quei palazzi anni 60 che lo circondano.
      ricalca un vecchio progetto a base di cemento armato e marmo travertino (materiale estraneo al monumento e in genere a palermo), risalente agli anni 80 se non sbaglio, anni del trash e dell’alienazione urbanistica. è nato già vecchio, e adesso andrebbe ringiovanito, esteso, integrato. la logica dell’esclusività, oggi imposta da cancelli e muraglie, va risolta in favore di spazi verdi aperti sul quartiere e di un contatto armonico fra il monumento, il giardino e l’intorno.

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