Palazzo Monteleone: alla ricerca del palazzo …..e del pino perduto

Nel famoso romanzo “ Il Gattopardo”di Giuseppe Tomasi di Lampedusa , il sesto capitolo ( i capitoli del libro sono 8) è dedicato al famoso “Gran ballo” di  Palazzo Ponteleone  che descrive un momento storico in cui la mondanità palermitana era in gran fermento poiché “dopo la venuta dei Piemontesi, dopo il fattaccio di Aspromonte , fugati gli spettri di esproprio e di violenze, la nobiltà  non si stancavano di incontrarsi, per congratularsi di esistere ancora”.Noi tutti certamente ricordiamo il film di Luchino Visconti dove il ballo finale,  rispetto al romanzo, ha un ruolo preminente sia per la durata (da solo occupa circa un terzo del film) sia per la collocazione (ponendolo come evento conclusivo, mentre il romanzo si spingeva ben oltre il 1862, sino a comprendere sia la morte del principe nel 1883 ( cap. 7) che  gli ultimi anni di Concetta ( cap. 8).

Nel romanzo tale vicenda si svolge a Palazzo Ponteleone che  non è altro che Palazzo Monteleone  che purtroppo , al momento in cui fu girato il film, non esisteva più e l’atmosfera sfarzosa e nobiliare fu  ricostruita nell’altrettanto famoso Palazzo Valguarnera Gangi. (a Piazza Croce dei Vespri) .

 Ma dove sorgeva Palazzo Monteleone,che secondo gli storici del seicento , era uno dei palazzi più belli di Palermo?

Anche se può sembrare strano, non si sa di preciso..

La tesi ufficiale è che Il taglio della via Roma, da piazza S. Domenico alla via Cavour, nel 1906 causò  sia la totale demolizione del palazzo Monteleone  che dell’ala destra del Palazzo Montalbano. Se diamo ragione a tale ipotesi,Palazzo Montalbano si trovava all’angolo tra Piazza San Domenico e Via Roma, cioè dove si trova il palazzo della “Rinascente”. Ma non tutti sono d’accordo. Infatti alcuni studiosi collocano tale palazzo dove oggi sorge l’attuale palazzo Moncada di Paternò, cioè proprio di fronte la Chiesa di San Domenico.  Ma esisterebbe una terza ipotesi. Sappiamo , da alcune antiche fonti storiche , che il Palazzo Monteleone si trovava in Via Monteleone, una strada stretta e tortuosa , e che possedeva un vasto giardino  , chiuso da un alto muro. Si sa anche che al posto del giardino negli anni Venti fu costruito il Palazzo delle Poste, che si trova a diverse  centinaia di metri da piazza San Domenico. Via Monteleone esiste ancora ma si trova dietro il Palazzo delle Poste. Inoltre, secondo Vincenzo Di Giovanni ( 1615) tale palazzo si trovava nei pressi della Chiesa di Santa Caterina all’Olivella  Anche il Marchese di Villabianca , vissuto nel settecento, scriveva  che tale palazzo :” .. … é contiguo alla casa de’ padri dell’Oratorio  (padri Filippini di Sant’Ignazio all’Olivella)  Quindi, secondo tale ipotesi, palazzo Monteleone sorgeva lungo via Monteleone, tra via Torre di Gotto e la chiesa di Sant’Ignazio all’Olivella, a circa 150 metri ad nord-ovest di piazza San Domenico e perciò, non si affacciava sulla piazza.

Tralasciando tutte tali ipotesi, la cosa che più colpisce e che dopo cento anni dalla distruzione di tale palazzo, uno dei più belli è sontuosi di Palermo, nessuno sa di preciso dove sorgeva.

Certamente a Palermo  solo negli ultimi cento anni si sono succeduti sventramenti, tagli, scomparsa di interi quartieri, bombardamenti ,speculazioni, ricostruzioni casuali, piani regolatori scriteriati e sacchi edilizi, ma quello che colpisce  e l’ insana assuefazione e convivenza con la distruzione dei nostri monumenti e della nostra storia.

P.S. Mentre nel 1906 venivano distrutti Palazzi, Chiese, Conventi, strade e monumenti, e migliaia di cittadini erano costretti a trasferirsi altrove,  l’opinione pubblica che faceva?

In città divampo una violenta polemica che divise l’opinione pubblica. Però questi “sensibili” cittadini non protestavano per lo scempio edilizio , artistico e sociale che tale sventramento stava causando ma …per il destino di un pino secolare che sorgeva nel giardino di Palazzo Montalbano. Al grido “ Dio salvi il Pino di Via Roma” si creò un “COMITATO PRO PINO” deciso a difenderlo a tutti i costi. Per tale motivo elaborarono diversi progetti alternativi, uno di strampalato dell’altro. Figuratevi che uno di tali progetti prevedeva una rotonda del diametro di 43 metri. Chiaramente si sarebbero dovuto abbattere altre chiese, monumenti e centinaia di cittadini sarebbero rimasti deportati. Ma poco importava ai nostri “ambientalisti ante litteram” . L’importante era salvare il…. Pino

 

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16 Thoughts to “Palazzo Monteleone: alla ricerca del palazzo …..e del pino perduto”

  1. Kowalski

    Molto interessante. Ho sempre pensato che il palazzo in questa ormai famosa foto pre-sventramento fosse, effettivamente, il Palazzo Monteleone, ma così non è a quanto pare. Quale sarebbe allora il nome del palazzo in foto? Grazie in anticipo.

    1. belfagor

      Caro Kowalski, purtroppo non ne sono certo
      I principali storici, tra cui il prof. Rosario La Duca , sostengono che Palazzo Montalbano sorgeva all’angolo tra Via Roma e Piazza San Domenico ( più o meno dove si trova il palazzo della “ Rinascente”). Il Prof. Nino Basile, nel suo libro “Palermo Felicissima” sosteneva invece che palazzo Monteleone, fu inglobato nell’attuale palazzo Moncada di Paternò. ( che sorge in Via Roma,di fronte la Chiesa di San Domenico). In un recente studio dei Prof. Di Liberto e Chirco invece palazzo Monteleone risultava ubicato lungo via Monteleone, tra via Torre di Gotto e la chiesa di Sant’Ignazio all’Olivella. Secondo tale ipotesi il palazzo che indichiamo come Montalbano sarebbe Palazzo Bonomolo/Traetta, quello che chiamiamo Monteleone sarebbe Palazzo Montalbano, mentre Palazzo Monteleone si trovava invece di fronte l’attuale Posta Centrale e non aveva alcun prospetto su piazza S. Domenico.
      .Come vedete c’è un po’ di confusione. La cosa non deve sorprenderci. In una città dove fu demolita in una notte Villa Deliella ,a piazza Croci, una delle più belle ville Liberty, e il giorno successivo c’era gente che negava che in quel posto c’era stata una villa………

      P.S. Palazzo Montalbano, prima di essere demolito . ospitò uno storico collegio privato, il “Terenzio Mamiani”.

      1. Kowalski

        Grazie per la risposta. Comprendo bene la difficoltà nel collocare l’esatta ubicazione di un palazzo cancellato dalla memoria collettiva. Non sono uno studioso, ma semplicemente un appassionato, e la mia modestissima opinione è che l’esistenza della via Monteleone suggerisce probabilmente che il palazzo in questione sorgesse lungo il suo percorso, magari nel tratto non più esistente. Chissà. Buona giornata e complimenti per gli interessantissimi articoli.

        1. belfagor

          Caro Kowalski, anch’io credo che Palazzo Montalbano sorgeva nel tratto di strada distrutta dal “risanamento”. In una vecchia cartolina postale, pubblicata in un articolo dalla prof. Adriana Chirco, Palazzo Monteleone viene ubicato in Via Montalbano n.53. Chiaramente il problema è capire dove si trovava realmente questo luogo.

          1. ilpensionante

            Ovviamente non via Montalbano ma Monteleone (ovvero via Olivella…secondo la ancora precedente denominazione, quando invece via Monteleone era l’attuale via Gagini….)

            🙂

  2. Irexia

    Ma quante sosprese ha ancora in serbo per noi la nostra Palermo? 🙂

  3. Orazio

    Non capisco l’ironia sull’operazione urbanistica da cui è nata via Roma, forse dal punto di vista dell’urbanistica l’unica cosa sensata fatta a Palermo nell’era moderna.

    1. belfagor

      Caro Orazio, nessuno mette in dubbio l’utilita , in quel periodo, di costruire una nuova arteria viaria che allegerisse il traffico di Via Maqueda e permettesse un più rapido collegamento tra la stazione e la zona settentrionale della città, allora in rapida espansione. Tale nuova grande strada, lunga quasi 3 Km, fu prevista dall’Ingegner Felice Giarrusso nel piano regolatore del 1885. La costruzione di tale opera urbana, durata circa trent’anni, causo un massiccio sventramento della zona, e portò alla distruzione di interi quartieri ( per esempio il quartiere della Conceria) e di svariate opere di interesse storico, tra cui , oltre il Palazzo Monteleone, la chiese e il convento di Santa Rosalia ( l’unica chiesa esistente a Palermo dedicata alla “Santuzza”). L’eleno delle chiese e dei palazzi che furono distrutti e lungo e spero ( se gli amici di Mobilita Palermo me lo permetteranno) di tornarci un’altra volta.
      Tale sacrificio era indispensabile ?
      Forse no. Vorrei ricordare che i lavori durarono quasi trent’anni e , durante tale periodo, il progetto originario fu ritoccato più volte. Per esempio per salvare il Palazzo del Marchese D’Arezzo il tracciato di Via Roma fu “deviato”. Gli amministratori municipali e i tecnici di allora adottarono metodi pianificatori abbastanza “sbrigativi” e non si curarono del fatto che si stata distruggendo parte della storia e dell’assetto e della struttura urbana di due dei quattro mandamenti storici palermitani e cioè Tribunali ( o Kalsa) e Castellammare. Furono, così, abbattuti quartieri, palazzi monumenti, casupole popolari, deviati o cancellati vie e vicoli, ristrette piazze e, senza alcun rimpianto, letteralmente demolite ben sei chiese. Insomma, per far posto alla nuova via, la città sopportò ferite e lacerazioni, anche umane, di non lieve entità.
      P.S. Via Roma , se ben valorizzata, sarebbe una delle strade più belle d’Italia. Peccato vederla ridotta a luogo dove si organizza il “festival del cibo di strada”. E mentre mangio un bel panino con le panelle vi auguro buona festa della liberazione.

      1. danyel

        Ciao belfagor .. sono d’accordo con te, è davvero assurdo ridurre la monumentale e bellissima via Roma solo ed esclusivamente a cornice dello street food festiva!! Vogliono rilanciare la via in questo modo? … dove sono i negozi, i centri commerciali, le attività insomma? Servono incentivi e agevolazioni in tal senso … altrimenti sarà la fine per una delle vie più belle di Palermo!!

  4. ilpensionante

    L’argomento è molto complesso, come è evidente…segnalo gli studi condotti da Maurizio Vesco (ad es. Viridaria e città) e in particolare “Un cantiere barocco a Palermo: il palazzo di Diego Aragona e Tagliavia, duca di Terranova (1640-1642)”…il palazzo “Monteleone” era più noto con altre denominazioni…essendo di proprietà degli Aragona e Tagliavia (duchi di Terranova, e di Monteleone, tra l’altro)..nelle mappe ottocentesche del catasto borbonico l’attuale via Gagini era la via di Monteleone, l’attuale via Monteleone è indicata come via Olivella e il palazzo in questione, nella zona attualmente occupata dal palazzo delle poste..come Palazzo del duca di Monteleone…siamo del resto a due passi dal palazzo Lampedusa….

    http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/info/news/eventi/catasto_borbonico/images/337cartinag.jpg

    1. belfagor

      Grazie. Credo che il problema nasce dal fatto che Via Monteleone, dove si affacciava il palazzo, è stata quasi cancellata .( rimane solo un tratto dietro le Poste Centrali). Ma forse Palazzo Ponteleone ( Monteleone ) non è il palazzo che cerchiamo .Come riferì la moglie di Giuseppe Tomasi di Lampedusa , gli ambienti descritti ne “Il Gattopardo”, compresi quelli di palazzo Monteleone dove si tiene il ballo, altro non erano che quelli della sua perduta casa di via Lampedusa ( distrutta durante i bombardamenti del 1943). .

  5. ilpensionante

    Nei salotti della nobiltà palermitana, raccontano le biografie di Tomasi e gli studi sul Gattopardo, c’era chi leggeva il libro come “romanzo a chiave”, e si divertiva a trovare riferimenti cifrati, nel testo, a questo o quel nobile da tutti ben conosciuto … anche ammesso e ben concesso che il palazzo Ponteleone sia “Casa Lampedusa”, sotto diversa denominazione, quello che incuriosisce è come mai tra i tanti famosi palazzi palermitani dell’epoca Tomasi abbia celato un luogo così importante nell’economia del romanzo proprio con la denominazione suddetta, di palazzo Ponteleone.

  6. ilpensionante

    Ovviamente sia il pino che l’istituto Mamiani erano allocati nell’area del palazzo e del giardino Monteleone, non Montalbano, (o Tagliavia, Terranova, Pignatelli Cortes, Aragona, ecc. ecc. che dir si voglia)…si veda la famosa foto di Edoardo Alfano con il commendatore Randazzo, in posa con due amici, e dietro le sue spalle il famoso pino, e i resti del giardino, e la cupola della chiesa dell’Olivella … si vedano (oltre al succitato libro su Via Roma di Chirco e Di Liberto) le pubblicazioni , con le immagini di Giannone, curate rispettivamente da Mario Giorgianni e Paolo Morello, che con tagli critici differenti, ripercorrono le tappe dell’intervento urbanistico che scempiò, con la scusa del risanamento, una gran parte del centro storico.
    Segnalo anche l’interessante e sintetico studio di R. Ragonese “The cutting of via Roma/ Il taglio di via Roma” corredato da interessanti immagini, contenuto nel libro Des Palmes, edito, come quello con le foto di Alfano, da Enzo Sellerio.

    1. belfagor

      Hai perfettamente ragione, L’istituto Mamiani fu ospitato nel Palazzo Monteleone. Come vedi non solo i “grandi studiosi” fanno un pò di confusione. Ho sempre pensato che Palazzo Montalbano ( o almeno parte della facciata) si era salvato dal “risanamento” del 1906, ed era ancora visibile a Piazza San Domenico. Francamente oggi non sono più così sicuro. Purtroppo tutta questa confusione nasce dal fatto che chi “risanò” la città non si preoccupò di salvare i documenti, le foto e le mappe della “città da risanare” e l’opinione pubblica era più preoccupata a salvare…….. pini.

  7. belfagor

    A proposito del libro di Tomasi di Lampedusa, la villa Lampedusa che nel romanzo, viene descritta come villa Salina, “immersa nel profumo nuziale dei fiori d’arancio, e circondata da un paesaggio armonioso che ben si addiceva a una sensibilità delicata, al pensiero di un solitario” si trova in una situazione molto precaria. Qualche giornale italiano ha parlato di agonia. Anche la stampa internazionale si sta interessando a tale degrado. El Pais, tra i più importanti quotidiani spagnoli, denuncia la grave situazione in un interessante articolo “ La villa de ‘El Gatopardo’ languidece por el abandono “. Anche se la villa appartiene a un privato è un peccato che i nostri amministratori permettono questo scempio . Ma la cosa non ci sorprende . Giuseppe Tomasi di Lampedusa non è mai stato molto amato dai nostri amministratori forse a causa di quella famosa frase :”Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene”

  8. ad angolo con via Bandiera era palazzo Montalbano (in primo piano nella foto) ed alcuni resti sono inglobati nel palazzo Moncada Paternò (arch. Antonio Zanca, 1907/09), zona cortile Due Palme.
    Nel catasto del 1887 si individua chiaramente palazzo Monteleone ed il suo vastissimo giardino che lambiva la via Gagini, mentre l’accesso era all’altezza di piazzetta Angelina Lanza, oggi retro delle Poste Centrali.
    Di palazzo Bonomolo-Traetta (anch’esso sulla destra della foto) c’è poco da aggiungere, perché venne abbondantemente tranciato dalla via Roma e le 4 campate superstiti inglobate nel condominio Bonomolo-Zingone (ing. Michele La Cavera, 1907). Nella successiva ricostruzione degli anni ’70 per dar luogo all’edificio UPIM, verrà mantenuta esclusivamente la facciata su piazza S. Domenico della porzione residua di palazzo Traetta.

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