Il “ghetto” ebraico di palermo

Fino al 1492 esisteva a Palermo una folta e attiva comunità ebraica. Abitavano, fin  dal X secolo,  il quartiere arabo della moschea di Ibn Siglab che era suddiviso in due rioni:  la Meschita  e  la Guzzetta, costituiti da alti edifici, a più piani, situati  lungo il corso del torrente Kemonia.

Il primo di questi rioni, la Meschita, si trovava tra le vie Giardinaccio e Santissimi 40 Martiri a sud, via Calderai e piazza Ponticello a nord, e via S. Cristoforo ad est.

L’altro rione,la Guzzetta, confinante con il primo,  era invece delimitata da via Ruggero Mastrangelo a nord-ovest, le vie Lattarini e Calascibetta a nord, e il vicolo dei Corrieri ad est.

Complessivamente possiamo dire che tale “ghetto”ebraico possedeva uno sviluppo a fuso allungato che seguiva l’ampia curva prodotta dal fiume Kemonia che vi scorreva.

Si accedeva al quartiere degli ebrei attraverso la porta di Ferro, o porta Judaica, comunicante con il Cassaro.

La giudecca palermitana del XV secolo era composta da abitazioni che avevano due caratteristiche particolari: lo sviluppo in altezza, per aggiunte successive di piani, e la “gheniza”, in pratica un’incavatura nella porta d’ingresso, all’altezza dello stipite, in cui si conservava un piccolo rotolo con un passo della Bibbia.

 Nella realtà è improprio pensare che gli ebrei erano stati confinati  o ghettizzati in questi quartieri. Alla Moschitta e alla Guzzetta vivevano anche cristiani e musulmani e alcuni ebrei abitavano e svolgevano la propria attività in altri quartieri. Ancora i ghetti come quello di Venezia o di Roma  non esistevano .

Gli ebrei palermitani erano una comunità quasi autosufficiente, infatti avevano propri magistrati, scuole ed ospedali e a Palermo avevano pure creato una propria Corte Rabbinica.  Avevano anche giardini, botteghe, un macello e bagni di purificazione per le donne Nel complesso , rispetto ad altre città, gli ebrei palermitani godevano di una discreta libertà che seppero sfruttare per raggiungere una certa agiatezza.

Gran parte degli ebrei  palermitani erano impegnati nell’artigianato (lavoravano il ferro, i metalli preziosi, il corallo), erano anche pescatori e molti erano i mercanti che si muovevano all’interno del territorio isolano, Erano inoltre attivi come prestatori di denaro e particolarmente famosi come medici, sebbene in alcuni periodi fosse stata loro vietato di esercitare questa professione nei confronti dei cristiani.  Avevano anche una sinagoga, che sorgeva dove oggi c’è  la Chiesa e il convento di San Nicolò da Tolentino. A conferma di ciò sul pilastro destro della Chiesa si trova incisa la seguente iscrizione: ” Il restaurato edificio una volta fu mare, poi triste palude, quindi orto e tempietto; finalmente, con passar degli anni, da sinagoga divenne piccola cappella di S.Maria del Popolo…”.

Il cimitero era posto al di fuori della Porta di Termini, dove oggi ha inizio Corso dei Mille. L’ospedale si trovava nelle vicinanze di via Divisi ed era attaccato alla Sinagoga.  La presenza di tale ospedale  determinò la denominazione della zona, chiamata infatti “ dell’Ospedaletto”.

I siciliani-ebrei, rispetto ad altri luoghi dell’occidente cristiano, non furono sottoposti a particolari discriminazioni e, almeno fino all’arrivo degli Aragonesi, vivevano, gomito a gomito, con la maggioranza cristiana, in pacifica convivenza.

Nella storia dell’isola, almeno fino al XIV, non si ha memoria di episodi eclatanti di antigiudaismo e questo, come appare evidente, é un dato eccezionale rispetto all’Occidente. Nel XV secolo, soprattutto nella seconda metà, però la storia comincia a cambiare. I padri francescani e domenicani cominciarono ad aizzare le masse dei fedeli ,accusando gli ebrei  di deicidio. L’antigiudaismo cominciò ad manifestarsi  in alcune parti dell’isola anche se si trattava di casi episodici e locali. L’ eccidio di Modica, del 1474, fu l’episodio più grave di questo mutamento di clima, in quell’occasione il popolo eccitato da fanatici cristiani, irruppe nel ghetto uccidendo senza giustificazione circa 360 siciliani-ebrei e fra essi anche donne e bambini.

Il 31 marzo 1492 Ferdinando II d’Aragona proclamò l’editto di Granada che prevedeva l’espulsione degli Ebrei dal regno di Spagna.

Ferdinando II detto “Il Cattolico” e Isabella di Castiglia, sono passati alla storia per aver finanziato la spedizione di Cristoforo Colombo ma anche per  aver creato la famigerata  Inquisizione. Qualcuno sostiene, non ha torto, che i soldi degli ebrei e degli “eretici” confiscati servirono a  finanziare la conquista e la colonizzazione del  “nuovo mondo”

 Al momenti della loro cacciata gli ebrei erano quasi 35.000.

Fu un colpo durissimo per la città che si ritrovo più povera economicamente, culturalmente ma soprattutto umanamente. Gli alti ufficiali del regno di Sicilia e lo stesso Viceré fecero di tutto per convincere Ferdinando il Cattolico a desistere, non solo prospettando tutti  i problemi e gli inconvenienti di ordine commerciale e fiscale dell’espulsione, ma puntarono anche sul sentimento cristiano della pietà e della tolleranza: non tutti gli Ebrei erano ricchi e molte famiglie vivevano del loro lavoro. Molti erano bravi artigiani che difficilmente potevano essere sostituiti .Infine il viceré Fogliena, non potendo fare altro, tento di farli convertire al cattolicesimo onde consentire loro di restare in Sicilia. Infatti molti ebrei si “convertirono”.Dei 35000 giudei circa 9000 decisero di rimanere

Della loro cultura è rimasto tanto,  anche se  tantissimo si è disperso. Nel cuore del loro quartiere oggi sorge la Chiesa di San Nicolò da Tolentino e l’Archivio Comunale con la bellissima architettura progettata da Damiani Almejda, che nel disegnare il prospetto si rifece, un pò, alle sinagoghe del suo tempo. Sono rimasti nella nostra cultura molti piatti, soprattutto il pane ca’ meusa ( pane con milza). Anche alcuni cognomi sono di origine ebraica  , come per esempio Lo Presti, Sala, Scimeca, Toscano, La Tona , Bonanno Bruno, Ascoli, Hamel ecc. ecc

Il “ghetto “ebraico è stato profondamente alterato dai vari interventi urbanistici che nei secoli Palermo ha subito. L’apertura di Via Maqueda e di Via Roma e il “risanamento” della Conceria hanno distrutto gran parte del tessuto viario della zona.

Rimangono alcune tracce di tale insediamento ma che testimoniano la ricchezza culturale di tale comunità.

P.S. Oltre cinquecento anni dopo l’editto di espulsione, gli ebrei di Palermo  hanno ritrovano un luogo di preghiera,l’Oratorio di Santa Maria del Sabato, proprio nell’antico quartiere ebraico della Meschita, edificio seicentesco non lontano da via Calderai e dal luogo dove sorgeva l’antica sinagoga attiva fino al 1492.  La chiesa è stata concessa in comodato d’uso dall’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, che ha accolto la richiesta di Evelyne Aouate, presidente dell’Istituto siciliano di studi ebraici.

Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane .ha così commentato “ E’ un  gesto che recupera secoli di storia

Speriamo che le religioni, che per secoli hanno diviso gli uomini, possano  diventare strumento di pace e di tolleranza.

 

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One Thought to “Il “ghetto” ebraico di palermo”

  1. fedeledisantarosalia

    gli ebrei certamente non erano prepotenti e dittatori come furono gli islamici nel colonizzare e imporerre la loro religione

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