Un restauro tanto atteso: palazzo Bonagia del duca di Casteldimirto

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Finalmente in allestimento il cantiere per il restauro di palazzo Bonagia in via Alloro alla Kalsa.
Il palazzo degli Stella, duchi di Casteldimirto e baroni di Bonagia venne realizzato alla metà del XVIII secolo, ed è sempre stato considerato (sino alla sua sconsiderata distruzione) una delle più felici espressioni del rococò palermitano. Il palazzo si trova tra il palazzo dei Monroy, principi di Pandolfina e la non più esistente chiesetta di Santa Barbara la Soprana della maestranza degli Stagniti che faceva angolo con il vicolo del Caccamo all’Alloro. Nel 1750 l’ingegnere Nicolò Palma, su incarico del duca redasse il progetto del nuovo palazzo. Realizzò invece lo scalone d’onore (1755) un giovane e geniale architetto, Andrea Giganti. Questo scalone è molto vicino al gusto delle effimere scenografie teatrali care al Settecento. Alla ricchezza della scala faceva eco la ricchezza decorativa degli ambienti interni della quale si potevano osservarre le tracce sino al 1980.

Risparmiato dalla furia delle bombe venne quasi completamente distrutto dall’incuria e dall’indifferenza. In parte danneggiato dalle bombe divenne preda degli sciacalli che lo spogliarono degli arredi interni. Ai saccheggi fecero seguito atti vandalici che provocarono vari crolli, tanto che venne avanzata proposta di demolizione che comunque venne limitata alla sola (si fa per dire) zona residenziale. Rimanevano in piedi solo lo scalone (sempre più depredato) e la facciata. Negli anni cinquanta i lavori di sbancamento delle fognature causarono un cedimento delle fondazioni e palazzo Bonagia, insieme a molti altri edifici della strada dovette essere puntellato. Poi il terremoto del 1968 che aggravò ancora di più lo stato delle strutture. Infine una forte sciroccata nel 1981 fece crollare la facciata (priva di ancoraggi) che seppellì il vecchio custode dell’edificio. In tutto questo, quasi per miracolo, rimase illeso lo scalone. Si riuscì ad evitare comunque la totale demolizione e il trasporto in discarica delle macerie della facciata (una serie di enormi blocchi di tufo sagomati e intagliati, tutt’ora conservati nell’area del palazzo in attesa del ripristino). Anche in queste condizioni lo scalone di palazzo Bonagia continua ad essere considerato una delle più importanti testimonianze del Barocco palermitano. Dopo una breve esistenza come teatro all’aperto finalmente apre il cantiere che metterà la parola fine ad uno dei peggiori scempi che il nostro centro storico abbia subito:

queste due foto del cortile le ho scattate domenica 23 settembre, i pannelli della pavimentazione erano in parte smantellati, il martedì successivo c’erano operai, camion e materiali:

lo scalone di Andrea Giganti:

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15 Thoughts to “Un restauro tanto atteso: palazzo Bonagia del duca di Casteldimirto”

  1. monte_Pellegrino

    Quì si pone un problema sul modo di intendere il restauro da parte della Sovrintendenza che a me sembra sbagliato! A berlino i Palazzi distrutti dalle bombe li hanno rifatti da zero tali e quali come erano prima, basandosi su foto e schizzi anteguerra! Mi direte che sono dei falsi, ma a me piacciono e a tantissimi altri pure! Per cui, nel caso di questo palazzo, oltre che restaurare le parti rimaste (e questo le nostre maestranze lo sanno fare meglio di chiunque altro), io vorrei vedere l’intero palazzo rifatto e bello come era prima della distruzione, segnalando naturalmente con opportuni accorgimenti, ciò che è originale da ciò che è falso. So fin da ora che mi scontrerò con la testa di certi pseudo esperti, ma ritengo bello quanto fanno all’estero!

  2. eddy

    Nella filosofia dell’architettura esistono 2 filoni di pensiero e quindi di lavoro. Uno è quello che hai visto tu a Berlino, e che sostieni fortemente, e cioè il rifacimento totale dell’antico palazzo, prima rasandolo a zero e poi ricostruendolo nei minimi dettagli esattamente com’era prima.
    Il secondo filone di pensiero che vige maggiormente a Palermo e in Italia, grazie ai nostri capolavori presenti su tutto lo Stivale, pensa che sia meglio recuperare i vecchi palazzi, restaurandoli, senza abbatterli, utilizzando possibilmente gli stessi materiali, e progettandolì però ad un uso pubblico, con tutte le norme di sicurezza. Ecco appunto dove sta il tuo problema. Una volta che mezzo palazzo resta in piedi, lo si completa in maniera tale che poi tutto l’insieme sia sicuro e a norma per poterlo destinare al pubblico o ai privati. Per questo motivo poi il palazzo non potrà mai essere identico a com’era prima…

  3. IoGomesio

    monte_Pellegrino, a te piacerà quello che fanno all’estero, ma non puoi dire che opinioni differenti dalla tua siano di “pseudo-esperti”; le norme moderne (e neanche tanto, ormai) del concetto di restauro -a grandi linee- soddisfano fondamentalmente l’idea non di rifacimento da zero (figuriamoci! è come se distruggessimo lo Spasimo perchè tanto è tutto bucherellato e lo ricostruissimo.. mah), ma di integrazione sostitutiva dei materiali originali in modo tale: A) fare in modo che gli interventi di restauro (qualora improrogabili, per ragioni di solidità dell’opera -cosa che secondo me NON si addice a palazzo Bonagia, ma non sono un ingegnere né un architetto quindi non posso dirlo-) siano palesemente visibili -utilizzando proprio materiali diversi per far risaltare l’intervento contemporaneo-; OPPURE B)restaurare seguendo una direttiva simile alla precedente, che però sostiene che sì, l’intervento di restauro debba essere visibile, ma non da lontano: nel complesso (e da una certa distanza) in parole povere l’opera deve sembrare integra, da vicino e nello specifico invece devono essere ben visibili gli interventi di restauro. Queste sono le due direttive principali ed universalmente condivise (da pseudo-esperti laureati..), è chiaro però che ne nascono sempre di più o meno innovative

  4. monte_Pellegrino

    Forse non mi sono spiegato bene: Ritengo che non deve essere toccata o smontata e nemmeno danneggiata neanche una pietra di quello che è rimasto in piedi dopo i bombardamenti, anzi bisogna metterlo in sicurezza e preservarlo, ma poi tutt’attorno e sopra i muri rimasti (con adeguati e poco visibili sostegni) ritengo che vi si debba ricostruire l’intero palazzo così com’era anticamente!

  5. MAQVEDA

    Il ripristino tipologico e filologico (anche se non ai livelli maniacali tedeschi) non è completamente snobbato in Italia, e a Palermo ho potuto osservare altri esempi di recupero della vecchia volumetria e del disegno della facciata perso con il tempo. La facciata c’è, è spezzettata in vari blocchi all’interno del palazzo, quindi sarà originale, lo scalone c’è e spero che si ricrei il cortile come era una volta. Per gli interni, spero in un recupero in chiave moderna, perche sarebbe assurdo ripristinare i decori di volte e pareti (almeno per come la penso io ovviamente;-) )

  6. monte_Pellegrino

    Nel passato anche a Palermo hanno ricostruito: un esempio è la Zisa dove negli anni 50 (?) era crollata un’intera ala che poi è stata completamente ricostruita. Ho visto le foto di come era ridotta quella bella costruzione!
    Altro buon esempio positivo è qul ex convento accanto alla chiesa della Calsa di cui era rimasta solo la facciata e che ora , ben ricostruito il resto, sta diventando un pensionato universitario. Se useranno questi criteri, per me va bene! Se invece nel Palazzo Bonagia, si limiteranno a restaurare lo scalone e i pochi muri rimasti senza ricostruire il palazzo, non mi va bene!

  7. IoGomesio

    monte_Pellegrino, il crollo dell’ala destra della Zisa è avvenuto nel 1971 a causa di diversi “interventi di restauro” (completamente folli) e di lavori di aggiunzione di piani e loggioni che si sono susseguiti dalla prima metà del Seicento in poi.. ora la Zisa è stata appunto restaurata, ma non ricordo se è stato ricostruito anche l’ultimo piano dell’edificio (aggiunto appunto nel 1635) che con la costruzione originale non c’entra completamente niente -oltre ad aver compromesso la solidità generale della struttura- o meno

  8. MAQVEDA

    Monte-Pellegrino il palazzo verrà ricostruito nella sua originale volumetria, l’altro giorno ho avuto la conferma definitiva da uno degli operai, quindi tranquillo. Nemmeno a me piace com’è ridotto ora;-)

  9. monte_Pellegrino

    Bene Maqueda, mi fa molto piacere che sarà ricostruito nell’intera volumetria, perchè ero stanco di vedere muri diroccati!
    Se fosse per me, io pur non toccando assolutamente neanche una pietra e preservando quelle che ci sono, rifarei i tetti in legno ai templi antichi, naturalmente così come erano nell’antichità! Sarebbero belli a vedersi e li proteggerebbero dalle intemperie!

  10. monte_Pellegrino

    IoGomesio, mi fa piacere la tua precisazione sulla data del crollo della Zisa: correttamente avevo messo il punto interrogativo accanto alla data che non ricordavo! Quando l’ho visitata, la guida mi ha detto che nell’ultimo piano , la dominazione spagnola aveva modificato gravemente la struttura, ma non sapendo come era in origine, non è stata toccata.

  11. MAQVEDA

    La Zisa dovrebbe presentarsi come è arrivata a noi con tutte le sue manomissioni di periodo secentesco quando diventò per un lungo periodo baglio agricolo. Lo stemma, le finestre, i dammusi, l’ultima elevazione (pesantemente modificata, ma strutturalmente mi pare che già ci fosse, almeno così si intuisce da un dipinto ottocentesco che la ritrae in una sua ricostruzione ideale) risalgono a quel periodo. Ma nonostante questo la Zisa è senz’altro l’unico edificio del suo genere presente nel bacino del mediterraneo arrivato a noi pressoché integro. Altri ne esistono in Africa ma sono allo stato di rudere. Il restauro poi è secondo me bellissimo, da fuori intuisci poco o nulla, all’interno vedi le volte in parte antiche e in parte in cemento armato, un restauro intelligente.

  12. tasman sea

    gentili colleghi,
    sulla zisa ho da dire un paio di cose: i custodi tolgono il respiro, ti senti un clandestino, non puoi guardare dalle finestre, non puoi sfiorare i muri:
    ti senti ai pagliarelli. un monumento va goduto nel suo contesto, non puo’ diventare un carcere di massima sicurezza (credo che nel papello di ciancimino ci fosse anche un accenno all’alleggerimento delle misure di sicurezza alla zisa eheh…).
    la seconda cosa che volevo dire, e’ che il giardino ha bisogno di cure. gli aranci striminziti stanno morendo, il gazebo non ospita che arbusti secchi, qualcuno intervenga. in generale il giardino vede una prevalenza di cemento, marmo e ultras curva sud sul verde. la pioggia ha scavato delle fiumare nelle zone dove il dislivello e’ piu’ forte. io ci avrei visto un bel prato su un unico livello con delle essenze, senza tutto questo sfarzo finto che col giardino islamico non ha nulla a che vedere. spariamo nel parco d’orleans

  13. MAQVEDA

    Dai, a me piace come è concepito il giardino della Zisa. Ciò non toglie che è effettivamente abbandonatello, ma ha una bella atmosfera. Gli alberelli striminziti, penso siano stati volutamente scelti, si vuole evitare quello che è successo a piazza Marina con lo Steri e gli altri palazzi nobili, completamente nascosti da un muro verde e visibili solo molto da vicino. Ma poi quest’aria da massima sicurezza io non l’ho avvertita, anzi, sono stati molto gentili;-)

  14. piuttosto quel rudere poco prima di palazzo bonagia?? vicino l’expa?

  15. MAQVEDA

    Ah si palazzo Rombao ad angolo con la via del Pappagallo, di fronte palazzo Sambuca, non ne sono sicurissimo, ma mi è sembrato di notare movimenti negli ultimi tempi. Su uno dei portali murati è “spuntata” una porticina in metallo. Potrebbe essere che già ci fosse prima, non ne sono certo. Comunque se vedo qualcosa lo scriverò di certo;-)

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